Sulla via per Nonantola

Il Palazzo dell’Abate, meglio noto come “Palazzaccio”, fu costruito nel XIII secolo all’esterno dell’abitato come residenza del mandatario della riscossione delle decime per l’Abbazia di Nonantola e, quindi, come deposito. A testimonianza della sua funzione originaria, che prevedeva frequenti operazioni di carico e scarico, rimangono gli
zoccoli “anticarro” dei pilastri, a forma di piramide per evitare il mozzo delle ruote e con base rettangolare disposta in modo da poter consentire l’accesso di un carro sotto il portico.

Il “Palazzaccio” costituisce certamente un esempio tangibile dei rapporti tra San Giovanni e Nonantola in quel periodo storico: la via su cui sorse l’edificio era la più diretta per raggiungere Nonantola, evitando il Castello di Sant’Agata. Situato al di fuori del castrum, il Palazzo dell’Abate era dunque una sorta di snodo della strada che collegava il Borgo rotondo, nucleo antico di Persiceto, con la vicina Abbazia.

 

Da magazzino ad abitazione

Già alla fine del XII secolo Bologna iniziò ad espandere la propria area d’influenza sul contado: Persiceto divenne “luogo forte” a difesa della città e l’Abate di Nonantola perse la giurisdizione sul territorio. Agli inizi del ‘300, quando furono costruite le fosse difensive attorno alla città, il palazzo fu inglobato all’interno del loro perimetro. Nel 1501 fu occupato da un ramo della casa senatoria bolognese Sampieri, molto vicini ai Bentivoglio (all’epoca proprietari dell’odierno Palazzo comunale). Si presuppone che vi risiedesse il fiduciario fattore della famiglia e che la residenza fungesse anche da deposito dei prodotti agricoli provenienti dal circondario.

Se già dalla fine del ‘500 parte dell’edificio fu trasformata in alloggi per inquilini, è solo a partire dall’anno 1710 che il “Palazzaccio” fu convertito completamente in abitazione, perdendo le sue originarie funzioni di rappresentanza e di deposito. Nell’Ottocento la residenza fu occupata per brevi periodi da famiglie di poveri braccianti e anche nella prima metà del XX secolo, pur profondamente trascurata e diroccata, mantenne la funzione di abitazione.

L’edificio ripropone l’aspetto tipico delle case medievali bolognesi. È infatti contraddistinto da una struttura muraria su alto portico poggiante su tre stilate in legno di quercia. In origine la struttura appariva ben diversa da come si presenta oggi: con molta probabilità, era coperto da capriate, aveva muri perimetrali più bassi ed era privo di loggia e cantine. Ancora oggi rimane degno di nota il mezzanino: dotato di due ampie finestre affacciate sul portico, di un bel soffitto originale e di un ampio camino, l’ambiente era probabilmente utilizzato in occasione di solennità e cerimonie.

 

L’intervento della Partecipanza

La lunga storia del “Palazzaccio” è da sempre connessa alle attività contadine e alla storia della Consorzio Agrario dei Partecipanti o Partecipanza, l’antichissima associazione agraria proprietaria di estesi appezzamenti di terreno, che ancora oggi si occupa ogni nove anni della divisione delle terre fra i propri componenti. Forse proprio per il suo valore storico e affettivo, a metà del secolo scorso la Partecipanza decise di entrare in possesso dell’edificio, salvandolo così dal degrado.

Il Palazzaccio fu acquistato nel 1959, ma solo negli anni Settanta la Sovrintendenza avviò un piano di consolidamento della struttura ormai pericolante. I lavori poterono dirsi ultimati all’inizio degli anni Ottanta. Attualmente, è in corso uno studio volto a formulare ipotesi di restauro non invasivo, nel rispetto dei vincoli dettati dalla Sovrintendenza per il valore storico dell’edificio. Nei piani della Partecipanza, una volta terminati i lavori, il “Palazzaccio” sarà destinato a spazio culturale ed espositivo aperto al pubblico.